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Il buongiorno si vede dal mattino

Il punto di vista di Miriam Toniolo, responsabile della formazione di Cassa Padana, sull’intervento di analisi preliminare.

In questo articolo vorremmo affrontare un nodo fondamentale della formazione che attiene all’analisi dei bisogni, ossia alla fase ex ante in cui solitamente si raccolgono le esigenze dei potenziali partecipanti e, conseguentemente, si progetta un intervento con l’obiettivo di apportare un cambiamento sul piano delle competenze e/o dei processi. Lo faremo integrando il punto di vista di Miriam Toniolo, responsabile della formazione di Cassa Padana, che si è resa disponibile a condividere una riflessione sull’esperienza realizzata all’interno del suo Istituto. Crediamo, infatti, che solo attraverso il confronto dialogico sui progetti si possa uscire dall’autoreferenzialità in cui rischiamo invece di cadere, adottando un’unica visione prospettica sul nostro lavoro.

Le domande da cui partiamo sono le seguenti:

  • Che cosa succede se si sbaglia l’analisi dei bisogni formativi?
  • Come possiamo progettare un intervento efficace, realmente in grado di promuovere il cambiamento atteso producendo l’impatto desiderato sui risultati?

L’idea che portiamo avanti, da più di dieci anni, all’interno del sistema del credito cooperativo è quella di realizzare interventi in funzione degli obiettivi strategici della banca cliente, con cui di volta in volta avviamo una collaborazione. Nei progetti la leva formativa viene certamente azionata, anche se non in via esclusiva, ma per generare un incremento di marginalità ogni fase del processo deve soddisfare certi criteri.

Vediamo, quindi, attraverso l’intervista a Miriam che cosa ha caratterizzato l’analisi preliminare che abbiamo proposto alla banca, dopo esserci confrontati insieme alla Direzione Commerciale sul macro-obiettivo di lavorare con la Rete, per dare impulso allo sviluppo e innalzare i risultati.

LAM: La collaborazione tra LAM Consulting e Cassa Padana è cominciata con un intervento preliminare che, oltre all’analisi dei dati di sistema, prevedeva dei mistery client e delle interviste semi strutturate al personale delle filiali, individuate dalla Direzione per il progetto pilota. A proposito della fase iniziale, ci piacerebbe raccogliere il tuo punto di vista, ovvero cosa pensi di una partenza che si discosta dalla tipica raccolta dei bisogni formativi, nella quale alla popolazione aziendale si chiede su quali tematiche sentano l’esigenza di essere formati?

Miriam: Il punto di forza dell’analisi preliminare è proprio la raccolta di dati. Il progetto formativo è costruito partendo dagli aspetti oggettivi rilevati e non da sensazioni, intuizioni. L’ascolto dei mistery client e la mappatura, fatta attraverso le interviste ai colleghi, ci ha restituito delle informazioni oggettive su cui lavorare per supportare l’approccio commerciale dei nostri consulenti.

LAM: Considerando ciò che è emerso dall’analisi, vi sono stati elementi che ti hanno colpito in modo particolare, qualcosa che ti ha sorpresa e non ti aspettavi?

Miriam: Dall’analisi è emerso che nell’approccio con il cliente i consulenti sono concentrati principalmente sul prodotto e le sue caratteristiche, lasciano poco spazio alla relazione, all’ascolto, alla co-costruzione della relazione commerciale con il cliente. Questo è un aspetto che non avevo considerato.
Mi ha colpito molto la convinzione del consulente di conoscere il cliente, di sapere ciò di cui ha bisogno e presumere ciò di cui non ha necessità. Le distorsioni cognitive rappresentano il principale ostacolo nel far emergere i bisogni del cliente.

LAM: Dal tuo punto di vista, in quale modo l’analisi ha influito sulla progettazione dell’intervento formativo?

Miriam: Grazie all’analisi preliminare la progettazione dell’intervento formativo è stata realizzata in maniera condivisa tra i referenti interni e LAM, partendo dai gap comunicativi, relazionali e cognitivi su cui lavorare.
Inoltre, l’intervista semi strutturata ai colleghi, che abbiamo definito “mappatura”, ci ha permesso di individuare l’area commerciale (monetica, assicurativo, finanza) presidiata maggiormente, le condizioni organizzative in cui viene fatto sviluppo commerciale e la disponibilità di affrontare un processo di cambiamento che comporta impegno e fatica, in quanto si devono modificare abitudini consolidate. Ci ha dato, perciò, l’opportunità di evitare il classico intervento a “pioggia”, componendo invece il gruppo dei partecipanti sulla base di criteri condivisi, quali la motivazione individuale e le condizioni organizzative per poter trasferire i nuovi repertori di competenze nel contesto di lavoro, attraverso un’applicazione sistematica del metodo di consulenza, oggetto del percorso, negli appuntamenti con i clienti. Ciò, in definitiva, ha reso il progetto più razionale e sostenibile.

LAM: Secondo te l’analisi preliminare ha avuto un impatto sull’efficacia del progetto formativo?

Miriam: Questo tipo di analisi ha influito positivamente sull’efficacia del progetto formativo. I mistery client hanno consentito di individuare in maniera specifica i limiti dell’approccio commerciale centrato sul prodotto/servizio, sia per il cliente che per la banca; di conseguenza, l’attività formativa si è potuta focalizzare sui passaggi comunicativi disfunzionali.
Allargando la visuale, aggiungo che il progetto è stato efficace anche perché alla formazione in aula sono seguiti i laboratori delle competenze durante i quali i colleghi hanno sperimentato, affiancanti dal consulente, concretamente l’approccio ad un metodo consulenziale che mette al centro il cliente e non il prodotto. L’allenamento all’applicazione del metodo appreso è il punto di forza del progetto.

Il primo progetto pilota con Cassa Padana si è concluso nel mese di marzo del 2022 e, in seguito ad una valutazione dei risultati raggiunti, la Direzione ha deciso di andare avanti con un progetto di estensione che coinvolgerà un altro gruppo di filiali. In questo caso l’attività di mappatura con le interviste semi strutturate, parte dell’analisi che occorre ripetere prima di ogni nuovo intervento formativo, è stata condotta internamente, con un’evidente razionalizzazione dell’investimento.

Concludiamo ringraziando innanzitutto Miriam Toniolo per i preziosi spunti che ci ha restituito e riassumendo quelli che a noi sembrano gli aspetti chiave del metodo LAM emersi dall’intervista:

  • evitiamo la corsa alla soluzione formativa senza aver compreso in modo chiaro e specifico su quali leve sia necessario agire, individuando i fattori causali che determinano lo scostamento tra lo stato attuale e gli obiettivi attesi
  • spostiamo il focus dell’analisi dalle percezioni distorsive dei potenziali destinatari, tipiche della raccolta dei contenuti formativi, a dati oggettivi, rilevazioni comportamentali con check list strutturate e interviste in cui verificare l’esistenza delle condizioni personali e organizzative per poter agire in ruolo attivo nel processo di cambiamento
  • lavoriamo fin dall’inizio per creare le condizioni di efficacia dei progetti formativi in un’ottica sistemica, coinvolgendo le risorse umane e la filiera commerciale, dalla direzione passando per i capi area (là dove sono presenti) fino ai responsabili di filiale.

Monica Giannoni
Resp. didattica BCC al Quadrato