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Il successo di una vendita, in generale, è il risultato della somma di molteplici fattori: da un lato abbiamo fattori professionali e tecnici riferiti alla vendita; dall’altro, aspetti personali del venditore quali resistenze, convinzioni o energia ed entusiasmo. In realtà, la vendita e il successo nella vendita mostrano ancora molti spazi di miglioramento. Nelle Banche di Credito Cooperativo si assiste ad un fenomeno specifico: la richiesta di vendere viene rivolta a persone che hanno ancora dentro di sé un’immagine della banca ancorata al lavoro procedurale, il più possibile a contatto col cliente, ma poco identificata con lo sviluppo commerciale.

Saper entrare in relazione con il cliente è sicuramente importante, ma per vendere ci vuole ben altro: un atteggiamento proattivo e propositivo. Spesso si cerca di indurre questo atteggiamento nelle persone, attraverso la comunicazione dei compiti da svolgere: si devono vendere un certo numero di bancomat, polizze, obbligazioni in un determinato periodo. Definiti gli obiettivi, l’indicazione è di vendere i prodotti in campagna. Indicazioni che nella pratica si rivelano insufficienti: il semplice incoraggiamento a vendere, sebbene corredato di obiettivi quantitativi, funziona solo nel 30% dei casi.

In generale quando l’operatore di sportello non vende, non è perché se ne dimentica ma perché ha una vera e propria resistenza a farlo. E non è certo per insubordinazione. Più semplicemente, nel bilancio della sua personale economia emotiva, il costo di trasformarsi in venditore è maggiore del beneficio di aderire ai target aziendali.

A cosa è imputabile questo costo? Da un’analisi compiuta in diverse Banche di Credito Cooperativo sono emersi tre motivi principali:

1. “Se mi metto a proporre qualcosa che non serve al cliente, faccio un danno alle persone”.

2. “Se propongo dei prodotti, rischio di essere percepito come insistente e alle persone non piacciono i venditori”.

3. “I clienti sono già diffidenti, se mi metto a spingerli a fare quello che non vogliono, perderò il buon rapporto che ho stabilito con loro”.

 Spesso i motivi reali si celano dietro scuse giustificazioni classiche: “Eh, non c’è tempo!”C’è la fila e non si possono far aspettare i clienti”. Il problema di tempo è presente solo in alcuni momenti e, anche in quel caso, sarebbe possibile fare un rapido intervento commerciale.

Le tre motivazioni sono basate su un presupposto etico-relazionale che è fondamentalmente un grande fraintendimento di ciò che significa vendere. Con quel presupposto hanno ragione loro. Ecco perché non serve insistere che propongano: hanno un’idea sbagliata di come si deve proporre.

Affinché la vendita sia efficace, oggi è fondamentale tenere in considerazione la fidelizzazione dei clienti: perciò il prodotto proposto deve essere realmente utile e la vendita non deve avvenire per insistenza, bensì piuttosto per comprensione dei bisogni. La Vendita che cerchiamo di realizzare è proprio una Vendita Etica. Ed essa non può consistere nella mera proposta di prodotti e servizi.

Per comprendere i bisogni dei clienti e proporre un prodotto percepito come risposta ad essi, è necessario acquisire un approccio consulenziale di vendita, attraverso un percorso che accompagni gli operatori a sviluppare metodi e tecniche specifici.

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